ASPETTARE NON E' UN'OPZIONE: LE NUOVE FONTI DI REDDITO L'intervento sulle strategie d'investimento da adottare oggi di Giangrande, Deutsche AWM
16/11/2015 L'Esperto dice...

Molti investitori privati, e con essi alcuni investitori professionali, sembrano rassegnati ai bassi tassi di interesse. Secondo le nuove statistiche Bundesbank, 2.000 miliardi di euro sono parcheggiati in conti di deposito liberi o a termine, che offrono un rendimento prossimo allo zero. Detto questo, anche i rendimenti offerti da altre classi di attività sono diminuiti notevolmente. Il tasso di rendimento che un investitore potrebbe trarre da un portafoglio ampiamente diversificato di Titoli di Stato della zona euro è diminuito del 72% dal 1999 al 2015. Analogo trend, pari al 78%, si è registrato nel mercato delle obbligazioni societarie. Il contesto attuale, di tassi di interesse particolarmente contenuti, ha contagiato anche i mercati azionari. Per il mercato americano ad esempio il tasso di dividendo è oggi pari alla metà della media storica.


Le conseguenze sono particolarmente rilevanti. Nel 1999 un portafoglio di titoli sovrani in euro equivalente a 100.000 euro avrebbe generato un reddito annuo di 5.357 euro. Nel 2015 questa cifra si è ridotta a 1.519 euro. Chiunque gestisca un protafoglio obbligazionario per finanziare spese regolari, come l‘affitto o le bollette per la casa, si trova di conseguenza ad affrontare una sfida enorme. Ciò è aggravato dal fatto che sia i tassi di interesse per i conti deposito senza vincoli, sia diversi Titoli di Stato a lunga scadenza, offrono tassi di rendimento inferiori all'inflazione. In determinate circostanze quindi, perfino un portafoglio obbligazionario ampiamente diversificato non offre alcuna protezione contro l'erosione del capitale.


Si potrebbe obiettare che l‘attuale fase di tassi di interesse reali negativi sia solo temporanea e chi si risolverà da sola quando i rendimenti torneranno a crescere. Tuttavia, gli economisti americani Carmen Reinhart e Belen Sbrancia hanno dimostrato come un contesto di tassi reali negativi può durare diversi anni. Infatti, dal 1945 al 1980 ci sono voluti ben 35 anni perchè i tassi di interesse reali offerti dai depositi a termine tornassero in territorio positivo. Quindi attendere e limitarsi ad osservare può non essere un'opzione valida per gli investitori.


Quale potrebbe essere quindi la giusta soluzione? In via preliminare, non ha senso selezionare semplicemente le classi di investimento che offrono i rendimenti più elevati. I rendimenti più elevati, infatti, vanno sempre di pari passo con un rischio maggiore. Ma non tutti gli asset sono uguali. Lo studio di Deutsche Asset & Wealth Management, "The Challenge Income", dimostra, come negli ultimi 15 anni, la correlazione tra rendimenti più alti e relativi rischi, questi ultimi calcolati osservando la massima perdita registrata in passato (Max Drawdown), non è lineare. In altre parole, ci sono classi d’investimento che, a parità di rendimento potenziale, offrono un migliore profilo rischio/rendimento. Il punto è trovare il giusto equilibrio tra il desiderio di ottenere rendimenti più elevati e la capacità di tollerare una maggiore volatilità dei prezzi.


Si posso intraprendere diverse strade per identificare queste classi di investimento. Una è quella di mettere a confronto la redditività corrente degli strumenti a più elevato rendimento con la loro volatilità  storica o con il max drowdown, creando dei ratio. Più grande è il ratio, maggiore è il rendimento per unità di rischio (più elevata è quindi l’appetibilità dell’asset class). Lo studio mostra come ci sono delle divergenze notevoli tra i vari ratio delle diverse classi di attivi e quindi mette in luce quanto sia pericoloso utilizzare i rendimenti correnti come unica metrica per la costruzione di portafogli.


Al fine di ottenere risultati effettivamente raggiungibili da parte degli investitori, le varie classi di attivi sono state selezionate in maniera tale da essere ben rappresentate da indici. I portafogli generati dallo studio potrebbero quindi essere facilmente replicati attraverso l’utilizzo di exchange traded fund (Etf).


In termini concreti, gli indici dividend weighted, in cui le azioni sono selezionate e pesate in base all’ammontare del divendo storicamente riconosciuto, offrono un dividend yield che può essere fino al 64% superiore rispetto a quello del più ampio mercato di riferimento. Studi scientifici dimostrano inoltre come le azioni ad alto dividendo hanno storicamente generato capital gain più elevati di quelle con i dividendi al di sotto della media. C’è però il rovescio della medaglia rappresentato dal max drowdown, ossia dalla perdita storica massima generata in periodi di crisi. In tali situazioni infatti gli indici high dividend spesso performano peggio della media del mercato. Tutto si risolve nel confronto fra rendimento e rischio. In termini di ratio gli indici high dividend sono più attraenti rispetto ai classici indici di capitalizzazione, tradizionalmente rappresentativi del generale andamento del mercato azionario, nonostante in termini assoluti siano caratterizzati da un rischio più elevato.


Altre classi di attività sono altrettanto meritevoli di considerazione. Per quanto riguarda le obbligazioni, ad esempio, sono interessanti le obbligazioni societarie e i Titoli di Stato della periferia europea. In termini assoluti infatti, il rischio di perdita è per entrambi superiore rispetto al più vasto mercato europeo dei Titoli di Stato o ai covered bond. Ma in termini di rendimento rettificato per il rischio (il ratio di cui sopra) sono invece più appetibili. Nell’ambito dei settori azionari quello relativo alle infrastrutture mostra la migliore combinazione tra dividend yield e volatilità storica dell’investimento.


Nel processo di costruzione di un portafoglio può avere inoltre molto senso scegliere tra una rosa di classi di investimento che abbiano tra loro una correlazione più bassa possibile in termini di performance. In uno scenario ideale, di asset class totalmente decorrelate, la volatilità si annullerebbe infatti da sola. Il risultato finale è una serie di portafogli con rendimenti attuali compresi tra il tre ed il quattro per cento (dati a metà 2015), pur offrendo profili di rischio maggiormente attraenti rispetto al mercato generale.


In conclusione, il basso livello dei tassi di interesse che osserviamo ormai da molti anni, sta già erodendo il capitale di molti investitori. Tuttavia ci sono ancora diverse opportunità da cogliere nell’ambito delle classi di investimento che offrono rendimenti più elevati. Tutto sta a valutare correttamente se tali rendimenti compensino il rischio intrinseco. Uno studio recente mostra come questo approccio consenta di costruire portafogli che si pongano come obiettivo il raggiungimento di rendimenti annui ancora nell’ordine del 4%.


Contributo a cura di
Mauro Giangrande, Head of Passive Distribution Southern Europe, Deutsche AWM

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